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Da vedere: Anselm di Wim Wenders

A formare quasi un dittico col meraviglioso PINA, ritratto poetico danzante surreale dell’immensa Pina Bausch, Wim Wenders immortala e rende allo stesso tempo umano un’altra figura titanica dell’Arte Teutonica, discendente dai Miti e diventata Mito nella più pure accezione Junghiana. Ovvero quella che attraverso i Miti e la Mitologia riscrive interpreta e simbolizza la Storia. Nessun altro Artista delle Arti Figurative discende dal Mito e si inoltra nella Mitologia più di Anselm Kiefer, che come un Sigfrido o un Parsifal prende la materia e la trasforma in Sogno e Incubo, per poter rileggere e viaggiare attraverso la Storia, tentare di risolverne i destini non scritti, le tragedie inevitabili, gli orrori e gli errori specchio e risultato gli uni degli altri. Wenders ha un approccio assolutamente intimo con Kiefer fin dal titolo ANSELM, fin dall’incipit, che nell’immenso atelier di Bajrac in Francia lo vede attraversare in bicicletta enormi saloni e immensi hangar dove alloggiano le sue opere “monstre” colossali e gigantesche. Come fossero scenografie di una dimensione totalmente onirica, un po’ come al tempo creò Luca Ronconi per il suo indimenticabile ORLANDO FURIOSO. E le Furie, le Benevole che danno il titolo al più grande Capolavoro letterario sul Nazismo LE BENEVOLE di Jonathan Littel, anch’esso opera monstre ma di lettura obbligatoria, sono presenti in quelle Creazioni gigantesche, incombenti, eppure assolutamente astratte e immateriali pur nella loro totale materialità. E lì che- usando il piombo, il ferro, l’acciaio fuso, il cemento armato- Kiefer ricostruisce e decostruisce l’incubo del Nazismo, l’onta incancellabile della sua nazione, il peccato primigenio della Storia dell’Uomo diventato demone. Cresciuto come Wenders tra le macerie di una Nazione devastata e autodevastata, Anselm si aggira nei labirinti dell’Arte in cerca del Filo d’Arianna della Memoria. Wenders segue quel filo di piombo e con il suo genio visivo proprio come Kiefer, lo rende più leggero mettendoselo sulle spalle, facendone carico fino in fondo. Guardandolo negli occhi spettrali in un procedimento opposto e ugualmente geniale a quello usato da Jonathan Glazer nel magnifico LA ZONA D’INTERESSE. Wenders con la macchina da presa, Kiefer con tutti i marchingegni che fanno del suo Atelier una fabbrica. Come intitolai una rassegna Cinematografica molti anni fa IL PESO DEL MONDO, solo così può diventare sostenibile. Tirando fuori dalle tombe gli scheletri della Storia e ‘abbracciandoli’ come fa anche il genio di Pedro Almodovar nel finale bellissimo di MADRI PARALLELE. Solo così forse di troverà la pace e il sonno ristoratore degli uomini diventati dei.

 

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